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Lapide Commemorativa di Alberto La Marmora

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In via Nicolò Canelles, al civico 65, è situata la lapide in memoria del generale e scienziato italiano Alberto La Marmora, che visse a lungo in Sardegna. A lui è dedicata anche una strada del quartiere Castello.

Il torinese Alberto Ferrero della Marmora (o Alberto della Marmora o Alberto La Marmora) è stato un generale, naturalista, cartografo e politico italiano. Era fratello di altri tre importanti generali del Regno di Sardegna e poi del Regno d'Italia.

Fece il suo primo viaggio in Sardegna nel 1819 e giunse a Cagliari dopo una traversata di 12 giorni. Voleva dedicarsi agli studi di ornitologia e praticare la caccia. Ebbe come compagni di viaggio il prof. Keyser, geologo di Cristiania, (l’attuale Oslo) e il cavaliere De Prunner, direttore del Museo di storia naturale e di antichità di Cagliari. Questo primo viaggio gli fornì un ampio materiale, che utilizzerà nei suoi successivi scritti sulla Sardegna, per descrivere l'isola in tutte le sue parti. Trascorse gran parte della sua vita avanti e indietro tra Torino e la Sardegna; nel 1836 venne anche nominato Ispettore delle miniere in Sardegna e, nel 1841, gli viene affidato il comando della Scuola di marina di Genova. Nel 1834 cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.

In Senato si batté sempre per gli interessi dell'isola e il 16 novembre 1851 gli venne concessa la cittadinanza cagliaritana. Alla Sardegna dedicò i suoi studi in francese su questioni economiche e fisiche: “Voyage en Sardaigne”, pubblicata a Parigi nel 1826. Impreziosita da 19 tavole illustrate ad opera di Giuseppe Cominotti ed altri, ampliò gli studi precedentemente condotti da Francesco Cetti rimanendo probabilmente l'opera più famosa tra i resoconti di viaggio dell'Ottocento.

Il testo contiene le sue osservazioni, le statistiche, le ricerche sulla natura e sul patrimonio archeologico della regione. La seconda edizione dell'opera risultò ancora più organica in quanto suddivisa in tre branche con trattazioni ampliate. L'opera si suddivide in: “Geografica fisica e umana della Sardegna”, pubblicata nel 1839; “Antichità”, pubblicata nel 1840 e “Geologia”, pubblicata nel 1857 in due volumi. Il primo volume inizia con un compendio di storia sarda antica e moderna, per poi descrivere l'isola dal punto di vista fisico e climatico e successivamente esamina il regno minerale, vegetale e animale, il parlare degli abitanti, di cui analizza anche le caratteristiche fisiche, i costumi, le abitudini e la lingua e conclude con un quadro sull'amministrazione e le attività economiche della Sardegna. Il secondo volume tratta dei monumenti preromani dell'isola, simili ai menhir, e di alcune antiche iscrizioni, dei nuraghi. Poi cerca di ricostruire la geografia dell'isola al tempo dei Romani e tenta di ricreare l'antica rete stradale, traendo molte notizie dalle ricerche di altri studiosi, successivamente passa ad esaminare le antichità romane presenti sull'isola, approfondendo sulle antiche medaglie sarde, sulle tombe, sui sarcofagi, sui templi, gli anfiteatri e i teatri, e raccoglie le iscrizioni dei templi romani. La terza e ultima parte dell'opera descrive l'isola dal punto di vista geologico, esaminando i vari tipi di terreno e i fossili delle diverse epoche e per far ciò La Marmora cercò collaborazioni valevoli specie per l'esame di fossili e rocce diventando, di fatto, un pioniere della geologia sarda, di cui tracciò le linee fondamentali. L'esposizione è intervallata da aneddoti sui costumi degli abitanti e sulle avventure che gli sono capitate nei suoi spostamenti.

Dal 1851 al 1857 compì ancora numerosi viaggi in Sardegna per terminare i suoi studi.

Nell'insieme, il conte dedicò alla Sardegna oltre cinquanta pubblicazioni di taglio scientifico che, anche se non ebbero grande diffusione nell'isola, la ebbero all'estero, focalizzando l'attenzione su una terra fino ad allora avvolta nel buio, dandole valore e attirando altri sguardi curiosi.

Viaggiò con la sua attrezzatura per le contrade prendendo appunti ed effettuando misurazioni topografiche. A lui si deve la misurazione del punto più alto del Gennargentu, che porta il suo nome (Punta La Marmora - 1.834 metri).

Nel 1884 venne ripubblicata in riproduzione fotolitografica con il titolo Atlante dell'isola di Sardegna in scala 1:50000 la prima carta geografica della Sardegna realizzata con criteri scientifici, frutto del lavoro di decenni partito dalla carta nautica del capitano William Henry Smyth, della quale Della Marmora si servì, in collaborazione con lo specialista Carlo De Candia, anch'egli generale.

Come scienziato, studiò i fondali marini e le coste a ridosso dei fiumi. I suoi studi e le sue osservazioni furono utilizzati nell'analisi di fattibilità del Canale di Suez. Le sue considerazioni verranno poi riprese da Luigi Negrelli e da Pietro Paleocapa, che avranno un ruolo primario nella costruzione del Canale.

Appassionato studioso di archeologia, nel 1829 entrò nell'Accademia delle Scienze di Torino, di cui diverrà poi vicepresidente, e, nel 1832, nell'Accademia Geologica di Firenze. Divenne, inoltre, socio di diversi prestigiosi istituti di studi come l'Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano, la Società agraria ed economica di Cagliari e la Società reale di Napoli, e membro della Deputazione di storia patria di Torino. Ottenne il diploma delle Società geologiche di Francia, di Berlino e di Londra e venne commemorato ufficialmente da istituzioni prestigiose come la Royal Geographical Society di Londra.

Indirizzo
Via Nicolò Canelles, 65
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Via Nicolò Canelles, 65

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Lapide Commemorativa delle Vittime delle Foibe

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In Italia, dal 2004, il 10 febbraio (anniversario del Trattato di pace di Parigi del 1947 che sancì il passaggio alla Jugoslavia delle ex province italiane dell’Adriatico) si celebra il Giorno del Ricordo, in omaggio ai Martiri delle foibe.

Tra il 1943 ed il 1945, oltre 10.000 donne, uomini, vecchi e bambini, furono barbaramente uccisi e gettati, spesso vivi, nelle cavità dell’altopiano carsico, chiamate foibe, vittime di una pianificata pulizia etnica che aspirava allo sterminio della presenza italiana in quelle terre, ad opera delle truppe comuniste slave di Tito. Erano semplici cittadini con l'unica colpa di essere italiani. Spesso torturati, picchiati e violentati, poi legati l’un l’altro col fil di ferro, poi il primo veniva spinto nella foiba, trascinandosi tutti gli altri. Tra le vittime ci furono anche 140 sardi, parte dei quali minatori del Sulcis, trasferiti da Carbonia ai pozzi in Istria, ma anche alcuni militari, soprattutto finanzieri e carabinieri, in servizio nel confine orientale.

Cagliari ha dedicato loro un parco, chiamato appunto, Parco “Martiri delle Foibe che si trova in via San Lucifero, dove è contenuta la lapide commemorativa.

Indirizzo
Via San Lucifero - Piazza Martiri delle Foibe
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Via San Lucifero - Piazza Martiri delle Foibe

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Lapide Commemorativa della Congiura di Palabanda

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Nel 1812, la Sardegna venne colpita da un lungo periodo di siccità che distrusse i raccolti e provocò una grave carestia in coincidenza con un’epidemia di vaiolo; migliaia di persone morirono per la fame e per le malattie.
In quegli anni, Vittorio Emanuele I, residente in città col suo seguito, impose nuove tasse per fronteggiare le spese del forzato soggiorno della corte sabauda, gravando ulteriormente sul popolo sardo.

In questa situazione già tragica, con i signori che divennero sempre più ricchi grazie alla vendita dei prodotti accaparrati e i pubblici funzionari che usarono i loro poteri per arricchire i propri patrimoni, la rivolta attecchì immediatamente nel popolo disperato.
I congiurati si riunirono a Stampace, in un podere di proprietà dell’avvocato Salvatore Cadeddu, segretario dell’Università, situato nella località di Palabanda, nella zona in cui oggi sorge l’Orto Botanico. Erano presenti sia cittadini della media borghesia ma anche popolani e il loro intento era soltanto quello di cacciare i pubblici funzionari e i cortigiani che stavano portando la Sardegna alla catastrofe, non era una rivolta contro il sovrano e la monarchia.
L’insurrezione venne fissata per il 30 ottobre 1812 e prevedeva l’assalto alla caserma della real marina, per entrare in Castello occupando i luoghi più strategici, arrestare il comandante della città, Giacomo Pes di Villamarina, ed espellere i cortigiani e i funzionari pubblici proteggendo il re e la sua famiglia.

Ma la notizia giunse all’avvocato del fisco Raimondo Garau che informò il re ed il colonnello Villamarina, il quale dispose una intensa vigilanza. Il giorno stabilito per la rivolta, mentre numerose pattuglie di soldati controllavano la città, alcuni congiurati ed il panettiere Floris vennero inviati a chiamarne altri in attesa, ma si imbatterono in una pattuglia di piemontesi ed, impauriti, tornarono indietro avvisando i colleghi che in maggioranza rinunciarono all’impresa.
Intanto, i cospiratori nel quartiere Marina, non vedendo arrivare gli stampacini, dubbiosi e timorosi, mandarono Giovanni Putzolu con alcuni compagni per capire cosa stesse succedendo, ma incontrarono il colonnello Villamarina, sceso da Castello per vigilare di persona e Putzolu, preso dal panico, puntò una pistola contro il comandante ma i suoi amici stessi gli impedirono di sparare.
Putzolu e Sorgia vennero subito arrestati e, il 13 maggio 1813, dopo un rapido processo, impiccati. Cadeddu, Fanni, Zedda e Garau giudicati in contumacia, subirono la stessa condanna; a Floris e venne comminato l’ergastolo; Salvatore Cadeddu, catturato nell’iglesiente, venne impiccato il 2 settembre dello stesso anno.


Nella piazzetta centrale dell’Orto Botanico vi è un monumento in memoria dei congiurati di Palabanda in quanto liberatori della Sardegna e per essere stati puniti troppo severamente.

Indirizzo
Via Sant'Ignazio da Laconi - Orto Botanico (piazzetta centrale)
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Lapide Commemorativa della Congiura di Palabanda

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Via Sant'Ignazio da Laconi - Orto Botanico (piazzetta centrale)

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Lapide Commemorativa della Campagna Antimalarica

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Agli inizi del ‘900 la malaria causava la morte di circa duemila persone all’anno in Sardegna. Tra il 1948 e il 1950 si svolse il “Sardinian Project”, la grande campagna contro le cause dell’endemica piaga della malaria condotta dall’ERLAAS (Ente regionale della lotta antianofelica) e finanziato tra gli altri dalla Fondazione Rockefeller (supervisione e direzione scientifica), dall’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration) e dall’ECA (Economic Cooperation Administration). Il progetto è stato realizzato in due fasi: nella prima l’obiettivo era distruggere le zanzare adulte; per questo, furono bonificate col DDT tutte le abitazioni, edifici pubblici, scuole, casolari e fienili, ponti, monumenti, nuraghi, domus de janas, pozzi minerari e cave, installazioni militari e grotte.

Nella seconda fase vennero impiegati migliaia di operai e tecnici nella ricerca delle larve della Anopheles Labranchiae, che, con aerei e squadre di disinfestatori a terra hanno irrorato corsi d’acqua e paludi e costruito canali di bonifica. L’esercito dell’ERLAAS era composto da 32 mila uomini, 200 automezzi e 4 aerei.                                                                                    

Presso l’Istituto Scolastico "Alberto Riva Villasanta”, in piazza Garibaldi, si trova a tutt’oggi il monumento in memoria dell’opera e del sacrificio di queste persone.

Indirizzo
Piazza Garibaldi c/o Ist. Scolastico "Alberto Riva Villasanta"
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Lapide Commemorativa della Campagna Antimalarica

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Piazza Garibaldi c/o Ist. Scolastico "Alberto Riva Villasanta"

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Lapide Commemorativa dell'omicidio Camarassa

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Lapide posta a “perpetua nota di infamia” nei confronti dei nobili sardi coinvolti nell'assassinio del viceré spagnolo Don Emanuele Gomez de los Cobos, Marchese di Camarassa, assassinato in via dei Cavalieri (attuale via Canelles) il 21 Luglio 1668.

Il marchese di Camarassa fu assassinato a seguito di una congiura ad opera di un gruppo di nobili sardi contro la dominazione spagnola in Sardegna.

Crudele sorte toccò ai congiurati, una volta trovati colpevoli: fra loro, il marchese di Cea e il suo servo vennero torturati con la tecnica della ruota (pratica di tortura medievale in cui il condannato veniva legato su una ruota di legno davanti al pubblico che poteva osservare mentre il boia fratturava le ossa del malcapitato). Poi, le loro teste furono mozzate ed esposte sulle torri di San Pancrazio e dell’Elefante come monito, i loro beni confiscati e i terreni cosparsi di sale.

Nella casa da cui partirono i colpi di fucile, in via Canelles 32 a Cagliari, è murata la lapide che gli spagnoli eressero come ricordo della congiura. L'iscrizione è in lingua spagnola a caratteri capitali con abbellimenti nessi e tratti corsivi.

Indirizzo
Via Canelles, 42
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Via Canelles, 42

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Lapide Commemorativa del Campo di Via Pola

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Lapide in ricordo del luogo dove sorgeva il "Campo di Via Pola", sul cui terreno il Cagliari Calcio giocò per più di vent'anni, evolvendosi da compagine di livello regionale a società di valore nazionale in grado di conquistare infine lo Scudetto.

L'iscrizione  della lapide recita:

 A PERENNE RICORDO DELLE GESTA CALCISTICHE

 DEL CLUB SPORTIVO CAGLIARI CHE SU QUESTO

TERRENO DIVENUTO FAMOSO COME CAMPO DI VIA

POLA – DAL 1924 PER 25 ANNI DI COSTANTE

VOLONTÀ E GENEROSO IMPEGNO DI GIOCATORI

E DIRIGENTI LOCALI – SI EVOLSE DAI TORNEI

REGIONALI AI SUCCESSI DEI CAMPIONATI

NAZIONALI SINO A CONCLUDERE L'EPOCA

LEGGENDARIA CON LA CONQUISTA DEL MITICO

SCUDETTO DI CAMPIONE D'ITALIA

L'ASSOCIAZIONE EX CALCIATORI ROSSOBLU

Indirizzo
Via Pola
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Lapide Commemorativa del Campo di Via Pola

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Via Pola

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Lapide Commemorativa dei Fratelli Martini

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Il comune di Cagliari ha dedicato la via in cui nacque a Pietro Martini, importante storico, nel quartiere Castello e apposto una lapide dedicata alla memoria sua e dei suoi fratelli.

Martini fu Segretario di Stato della Sardegna, deputato, direttore della Biblioteca universitaria di Cagliari e ricercatore di storia proseguendo l’opera di Giuseppe Manno. È autore della “Biografia Sarda”, “Storia ecclesiastica di Sardegna”, “Storia di Sardegna dal 1799 al 1816” e “Compendio della storia di Sardegna” e alla sua morte, nel 1866, lasciò al Comune tutti i suoi libri che andarono così a formare la biblioteca civica cagliaritana.

Assieme ai fratelli Antonio, avvocato, e Michele, impiegato nei Regi Archivi, Pietro Martini fu l’animatore e il più assiduo redattore del periodico "Indicatore Sardo”, pubblicazione di stretta osservanza monarchico-assolutista.

Indirizzo
Via Pietro Martini, 16
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Via Pietro Martini, 16

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Lapide Commemorativa dei Ferrovieri Caduti

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Nel 1943, con l'Italia ancora in guerra al fianco della Germania nazista, la Sardegna e Cagliari divennero un rilevante obiettivo strategico per l'aviazione Alleata. Per le gravissime perdite materiali e soprattutto umane sopportate, il 12 maggio 1950 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi conferì alla città la medaglia d’oro al valore militare.
Ancora oggi, dai pochi filmati d'epoca, appare irreale lo scenario di morte e devastazione provocato dai bombardamenti in luoghi a noi familiari e cari.
Alle 12:55 di domenica 28 febbraio, ebbe inizio la terza e più sanguinosa delle incursioni su Cagliari. Nel corso di circa due ore, 85 aerei sganciarono 538 bombe per un ammontare di 123 tonnellate di esplosivo. Il Palazzo della Dogana e la Stazione delle Ferrovie dello Stato furono distrutti, gran parte della via Roma andò in rovina. Ormai inservibili a causa della mancanza di energia elettrica, le sirene non suonarono l'allarme e molte persone furono sorprese lontano dai rifugi: secondo le cifre ufficiali, ben 200 concittadini persero la vita, alcune centinaia d’altri furono feriti.

All’interno della stazione ferroviaria di Cagliari si trova la lapide celebrativa per i lavoratori deceduti. L'epigrafe commemorativa delle vittime recita:

 

A RICORDO DEL SACRIFICIO E MARTIRIO
DEI FERROVIERI DELLA SARDEGNA
CHE NELLE GUERRE E NEI BOMBARDAMENTI
FECERO OLOCAUSTO DELLA PROPRIA VITA
PERCHÉ LA PATRIA VIVESSE

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Via Sassari, 7/A - Interno Stazione Ferroviaria
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Lapide Commemorativa dei Ferrovieri Caduti

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Via Sassari, 7/A - Interno Stazione Ferroviaria

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Lapide Commemorativa 28 febbraio 1943

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Nel 1943, con l'Italia ancora in guerra al fianco della Germania nazista, la Sardegna e Cagliari divennero un rilevante obiettivo strategico per l'aviazione Alleata. Per le gravissime perdite materiali e soprattutto umane sopportate, il 12 maggio 1950 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi conferì alla città la medaglia d’oro al valore militare.
Ancora oggi, dai pochi filmati d'epoca, appare irreale lo scenario di morte e devastazione provocato dai bombardamenti in luoghi a noi familiari e cari.
Alle 12:55 di domenica 28 febbraio, ebbe inizio la terza e più sanguinosa delle incursioni su Cagliari. Nel corso di circa due ore, 85 aerei sganciarono 538 bombe per un ammontare di 123 tonnellate di esplosivo. Il Palazzo della Dogana e la Stazione delle Ferrovie dello Stato furono distrutti, gran parte della via Roma andò in rovina. Ormai inservibili a causa della mancanza di energia elettrica, le sirene non suonarono l'allarme e molte persone furono sorprese lontano dai rifugi: secondo le cifre ufficiali, ben 200 concittadini persero la vita, alcune centinaia d’altri furono feriti.

L'epigrafe commemorativa delle vittime, posta dalle associazioni d'arme nel 2003 recita:
 

DOMENICA 28 FEBBRAIO 1943

L'ATROCITÀ DELLA GUERRA SOTTOPOSE LA OPEROSA E PACIFICA CITTÀ DI CAGLIARI  A RIPETUTI DEVASTANTI BOMBARDAMENTI IN QUESTO LUOGO L'INCURSIONE AEREA NEMICA  ARRECÒ  ALLA NOSTRA NOBILE CITTÀ MORTE E DISTRUZIONE.

 A MEMORIA DELLE VITTIME INNOCENTI LE ASSOCIAZIONI D'ARMA POSERO IL 28 FEBBRAIO 2003

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Via Roma angolo Via Lepanto
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Lapide Commemorativa 28 febbraio 1943

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Lapide Commemorativa 17 Febbraio 1943

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Nel 1943, con l'Italia ancora in guerra al fianco della Germania nazista, la Sardegna e Cagliari divennero un rilevante obiettivo strategico per l'aviazione Alleata. Per le gravissime perdite materiali e soprattutto umane sopportate, il 12 maggio 1950 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi conferì alla città la medaglia d’oro al valore militare.
Ancora oggi, dai pochi filmati d'epoca, appare irreale lo scenario di morte e devastazione provocato dai bombardamenti in luoghi a noi familiari e cari.
Mercoledì 17 Febbraio, Cagliari subì la prima, drammatica, incursione aerea. Nel pomeriggio, bombardieri americani sorvolarono il centro cittadino, sganciando a tappeto un gran numero di ordigni. Secondo il bollettino ufficiale 100 persone persero la vita, altre 255 rimasero ferite. A lasciare attonita la popolazione, quel giorno, fu soprattutto la crudele strage di inermi concittadini, che avevano sperato di trovare un rifugio inviolabile nella via S. Efisio, tra le chiese di Sant'Anna e di Santa Restituta.

L'epigrafe commemorativa delle vittime, posta dall'amministrazione civica in occasione del cinquantennale dell'eccidio:
 

NELLE PRIME ORE POMERIDIANE DEL 17 FEBBRAIO 1943 UNA SQUADRIGLIA AEREA IMPROVVISAMENTE ATTRAVERSANTE I SERENI CIELI DI CAGLIARI LANCIAVA SULLA INERME CITTÀ IL SUO MORTALE CARICO DI SPEZZONI SEMINANDO STRAGE IN UNA FOLLA INDIFESA CHE CERCAVA SCAMPO NELLA CRIPTA DI SANTA RESTITUTA CON INGENUA FIDUCIA ADIBITA A RIFUGIO.

A CINQUANT'ANNI DALL'EVENTO L'AMMINISTRAZIONE CIVICA  INTERPRETE DEI SENTIMENTI DELLA CITTADINANZA  DEL QUARTIERE DI STAMPACE  DEI SUPERSTITI  DEI PARENTI CUSTODI DEL RIMPIANTO E DI QUANTI ASPIRANO ALLA PACE E ALLA SCONFITTA DELL'ODIO POSE QUESTO RICORDO TESTIMONE DI PIETÀ E INVITO AL SUFFRAGIO.

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Via Sant'Efisio, 18
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Lapide Commemorativa 17 Febbraio 1943

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