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Lapide Commemorativa di Franco D'Urso

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Lapide Commemorativa di Franco D'Urso
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Franco d'Urso viene ricordato a Cagliari attraverso una lapide commemorativa affissa in piazza Martiri dove l'artista siciliano visse e lavorò nel suo piccolo studio. Egli scappò da Catania a soli quattordici anni e raggiunse Roma per frequentare l'Accademia delle Arti. Interrotti gli studi a causa della guerra, partì come volontario per il fronte e visse nella capitale fino al 1960 diventando un mosaicista conosciuto in tutta Italia. Si trasferì nel capoluogo sardo dedicandosi esclusivamente all'arte e realizzò la splendida decorazione a mosaico all'interno della chiesa di Santa Rosalia.

Indirizzo
Piazza Martiri d'Italia, 9
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Lapide Commemorativa di Franco D'Urso

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Piazza Martiri d'Italia, 9

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Lapide Commemorativa di Francesco Alziator

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Lapide Commemorativa di Francesco Alziator
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In via Angioy, nel centro di Cagliari, è affissa una lapide in memoria del celebre scrittore Francesco Alziator (1909-1977). Nato nel capoluogo gli viene riconosciuto il grande merito di aver studiato e salvaguardato la cultura e le tradizioni sarde. Fu un importante filologo, letterato e antropologo. Di famiglia monarchica e aristocratica, Alziator all'inizio fu un convinto sostenitore del fascismo ma abbracciò idee politiche differenti in seguito alla morte del padre, causata dai drammatici bombardamenti del 1943.

Scrisse numerosi articoli di giornale, anche su “L’Unione Sarda” e le sue opere principali sono:

  • L'Elefante sulla torre. Itinerario cagliaritano, 1979-1982
  • Attraverso i sentieri della memoria, 1979
  • I giorni della laguna, 1977
  • Verso la storia dell'abbigliamento popolare in Sardegna, 1964
  • La città del sole, 1963
  • Picaro e folklore e altri saggi di storia delle tradizioni popolari, 1959
  • Il Folclore Sardo, Cagliari, 1957.
  • Storiografia delle tradizioni popolari di Sardegna, 1957
  • Storia della letteratura di Sardegna, 1954
Indirizzo
Via Giovanni Maria Angioy, 54
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Lapide Commemorativa di Francesco Alziator

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Via Giovanni Maria Angioy, 54

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Lapide Commemorativa di David Herbert Lawrence

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David Herbert Richards Lawrence (1885 – 1930) è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, saggista e pittore inglese, considerato tra le figure più emblematiche del XX secolo. Insieme a diversi scrittori dell’epoca, fu tra i più grandi innovatori della letteratura anglosassone, soprattutto per le tematiche affrontate.

Il suo romanzo più famoso e controverso è “L'amante di Lady Chatterley” e, grazie ai sui lunghi soggiorni in Italia e in Sardegna ebbe modo di comporre svariati poetici diari di viaggio. Dedicò bellissime pagine a Cagliari nel terzo capitolo della sua opera "Mare e Sardegna" del 1921. Descrisse così la città del sole:

"Strana e sassosa Cagliari. Siamo saliti su una strada come una scala a cavatappi. E abbiamo visto gli annunci di una palla in maschera per bambini. Cagliari è molto ripida. […] e dall'altra parte grandi lagune salate, morte oltre il banco di sabbia: di nuovo sostenute da montagne ammassate e ammassate, improvvisamente, mentre oltre la pianura, le colline si innalzano di nuovo al mare. Sia la terra che il mare sembrano cedere, sfiniti, alla testa della baia: la fine del mondo. E in questa fine del mondo inizia Cagliari, e su entrambi i lati, improvvise colline a cresta di serpente.

Ma mi ricorda ancora Malta: persa tra Europa e Africa e appartenente a nessun luogo. Appartenente al nulla, non è mai appartenuta a nessun luogo. Alla Spagna, agli arabi e ai fenici soprattutto. Ma come se non avesse mai avuto un destino. Nessun destino. Lasciata fuori dal tempo e dalla storia.

Lo spirito del luogo è una cosa strana. La nostra èra meccanica cerca di scavalcarla. Ma non ci riesce. Alla fine lo strano, sinistro spirito del luogo, così diverso e sfavorevole in luoghi diversi, distruggerà la nostra unità meccanica in mille pezzi, e tutto ciò che pensiamo sia la cosa reale si spegnerà con un pop, e rimarremo a fissare."

Per ricordare il soggiorno del celebre autore inglese è stata affissa una lapide in viale Regina Margherita presso l'ex Hotel Scala di Ferro, dove l'uomo alloggiò.

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Viale Regina Margherita, 48
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Lapide Commemorativa di David Herbert Lawrence

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Lapide Commemorativa di Carlo V

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Nel 1516, al cattolico Ferdinando II nei Regni di Aragona, Castiglia e Sardegna successe il nipote Carlo, che dopo tre anni divenne imperatore col nome di Carlo V. Cagliari accolse il nuovo sovrano nel 1535: egli giunse con una grande flotta al seguito e, per celebrare questo importante avvenimento storico, fu apposta sulla facciata di Palazzo di Città, prima sede del municipio cittadino, un’iscrizione che indica ben seicento navi al seguito del re (ma da altre fonti emerse che attraccarono in poco più di quattrocento).

Carlo V volle rafforzare e ammodernare le fortificazioni del capoluogo isolano e affidò l'incarico all'ingegnere militare e architetto Rocco Cappellino che in quasi vent'anni di soggiorno realizzò un poderoso sistema composto da mura e bastioni.

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Piazza Palazzo
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Lapide Commemorativa di Carlo V

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Lapide Commemorativa di Antonio e Gaetano Cima

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I fratelli Cima furono talmente importanti per la città di Cagliari da essere ricordati con una lapide, posta sulla facciata dell'abitazione, in Piazza Martiri, nella quale i due vissero.

Antonio Cima fu un fisico e insegnò Fisica sperimentale dal 1844 al 1851 nell'ateneo del capoluogo, poi si trasferì nella Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali di Torino. In seguito è stato preside del Liceo classico Vincenzo Gioberti di Torino e poi provveditore agli studi di Venezia.

Gaetano, invece, fu un grande architetto e le sue opere, in stile neoclassico, si possono ammirare in tutta la Sardegna.  Si occupò sia di architettura civile che di architettura religiosa. A Cagliari realizzò l'ospedale civile, il teatro civico distrutto dai bombardamenti del 1943, la facciata della chiesa collegiata di San Giacomo e le scalette situate vicino alla Chiesa di Santa Chiara.

Indirizzo
Piazza Martiri d'Italia, 4
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Lapide Commemorativa di Antonio e Gaetano Cima

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Lapide Commemorativa di Alberto Riva Villasanta

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Alberto Riva di Villasanta è stato un militare italiano decorato con una medaglia d'oro alla memoria e una medaglia d'argento al valor militare durante la prima guerra mondiale. Nacque a Cagliari nel 1900, scappò di casa giovanissimo, a soli diciassette anni, per arruolarsi nel Regio esercito e prese parte a diversi combattimenti sul Monte Grappa e sul Piave distinguendosi per il suo valore. Fu l'ultimo soldato morto durante la guerra del 1915-1918. Viene ricordato in diversi punti della città: gli è stata dedicata la caserma di viale Poetto, la scuola elementare di piazza Garibaldi e in piazza Costituzione è stata affissa nelle vicinanze della sua casa una lapide in suo onore.

Indirizzo
Via Costituzione, 2
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Lapide Commemorativa di Alberto La Marmora

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In via Nicolò Canelles, al civico 65, è situata la lapide in memoria del generale e scienziato italiano Alberto La Marmora, che visse a lungo in Sardegna. A lui è dedicata anche una strada del quartiere Castello.

Il torinese Alberto Ferrero della Marmora (o Alberto della Marmora o Alberto La Marmora) è stato un generale, naturalista, cartografo e politico italiano. Era fratello di altri tre importanti generali del Regno di Sardegna e poi del Regno d'Italia.

Fece il suo primo viaggio in Sardegna nel 1819 e giunse a Cagliari dopo una traversata di 12 giorni. Voleva dedicarsi agli studi di ornitologia e praticare la caccia. Ebbe come compagni di viaggio il prof. Keyser, geologo di Cristiania, (l’attuale Oslo) e il cavaliere De Prunner, direttore del Museo di storia naturale e di antichità di Cagliari. Questo primo viaggio gli fornì un ampio materiale, che utilizzerà nei suoi successivi scritti sulla Sardegna, per descrivere l'isola in tutte le sue parti. Trascorse gran parte della sua vita avanti e indietro tra Torino e la Sardegna; nel 1836 venne anche nominato Ispettore delle miniere in Sardegna e, nel 1841, gli viene affidato il comando della Scuola di marina di Genova. Nel 1834 cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.

In Senato si batté sempre per gli interessi dell'isola e il 16 novembre 1851 gli venne concessa la cittadinanza cagliaritana. Alla Sardegna dedicò i suoi studi in francese su questioni economiche e fisiche: “Voyage en Sardaigne”, pubblicata a Parigi nel 1826. Impreziosita da 19 tavole illustrate ad opera di Giuseppe Cominotti ed altri, ampliò gli studi precedentemente condotti da Francesco Cetti rimanendo probabilmente l'opera più famosa tra i resoconti di viaggio dell'Ottocento.

Il testo contiene le sue osservazioni, le statistiche, le ricerche sulla natura e sul patrimonio archeologico della regione. La seconda edizione dell'opera risultò ancora più organica in quanto suddivisa in tre branche con trattazioni ampliate. L'opera si suddivide in: “Geografica fisica e umana della Sardegna”, pubblicata nel 1839; “Antichità”, pubblicata nel 1840 e “Geologia”, pubblicata nel 1857 in due volumi. Il primo volume inizia con un compendio di storia sarda antica e moderna, per poi descrivere l'isola dal punto di vista fisico e climatico e successivamente esamina il regno minerale, vegetale e animale, il parlare degli abitanti, di cui analizza anche le caratteristiche fisiche, i costumi, le abitudini e la lingua e conclude con un quadro sull'amministrazione e le attività economiche della Sardegna. Il secondo volume tratta dei monumenti preromani dell'isola, simili ai menhir, e di alcune antiche iscrizioni, dei nuraghi. Poi cerca di ricostruire la geografia dell'isola al tempo dei Romani e tenta di ricreare l'antica rete stradale, traendo molte notizie dalle ricerche di altri studiosi, successivamente passa ad esaminare le antichità romane presenti sull'isola, approfondendo sulle antiche medaglie sarde, sulle tombe, sui sarcofagi, sui templi, gli anfiteatri e i teatri, e raccoglie le iscrizioni dei templi romani. La terza e ultima parte dell'opera descrive l'isola dal punto di vista geologico, esaminando i vari tipi di terreno e i fossili delle diverse epoche e per far ciò La Marmora cercò collaborazioni valevoli specie per l'esame di fossili e rocce diventando, di fatto, un pioniere della geologia sarda, di cui tracciò le linee fondamentali. L'esposizione è intervallata da aneddoti sui costumi degli abitanti e sulle avventure che gli sono capitate nei suoi spostamenti.

Dal 1851 al 1857 compì ancora numerosi viaggi in Sardegna per terminare i suoi studi.

Nell'insieme, il conte dedicò alla Sardegna oltre cinquanta pubblicazioni di taglio scientifico che, anche se non ebbero grande diffusione nell'isola, la ebbero all'estero, focalizzando l'attenzione su una terra fino ad allora avvolta nel buio, dandole valore e attirando altri sguardi curiosi.

Viaggiò con la sua attrezzatura per le contrade prendendo appunti ed effettuando misurazioni topografiche. A lui si deve la misurazione del punto più alto del Gennargentu, che porta il suo nome (Punta La Marmora - 1.834 metri).

Nel 1884 venne ripubblicata in riproduzione fotolitografica con il titolo Atlante dell'isola di Sardegna in scala 1:50000 la prima carta geografica della Sardegna realizzata con criteri scientifici, frutto del lavoro di decenni partito dalla carta nautica del capitano William Henry Smyth, della quale Della Marmora si servì, in collaborazione con lo specialista Carlo De Candia, anch'egli generale.

Come scienziato, studiò i fondali marini e le coste a ridosso dei fiumi. I suoi studi e le sue osservazioni furono utilizzati nell'analisi di fattibilità del Canale di Suez. Le sue considerazioni verranno poi riprese da Luigi Negrelli e da Pietro Paleocapa, che avranno un ruolo primario nella costruzione del Canale.

Appassionato studioso di archeologia, nel 1829 entrò nell'Accademia delle Scienze di Torino, di cui diverrà poi vicepresidente, e, nel 1832, nell'Accademia Geologica di Firenze. Divenne, inoltre, socio di diversi prestigiosi istituti di studi come l'Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano, la Società agraria ed economica di Cagliari e la Società reale di Napoli, e membro della Deputazione di storia patria di Torino. Ottenne il diploma delle Società geologiche di Francia, di Berlino e di Londra e venne commemorato ufficialmente da istituzioni prestigiose come la Royal Geographical Society di Londra.

Indirizzo
Via Nicolò Canelles, 65
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Lapide Commemorativa di Alberto La Marmora

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Via Nicolò Canelles, 65

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Lapide Commemorativa delle Vittime delle Foibe

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In Italia, dal 2004, il 10 febbraio (anniversario del Trattato di pace di Parigi del 1947 che sancì il passaggio alla Jugoslavia delle ex province italiane dell’Adriatico) si celebra il Giorno del Ricordo, in omaggio ai Martiri delle foibe.

Tra il 1943 ed il 1945, oltre 10.000 donne, uomini, vecchi e bambini, furono barbaramente uccisi e gettati, spesso vivi, nelle cavità dell’altopiano carsico, chiamate foibe, vittime di una pianificata pulizia etnica che aspirava allo sterminio della presenza italiana in quelle terre, ad opera delle truppe comuniste slave di Tito. Erano semplici cittadini con l'unica colpa di essere italiani. Spesso torturati, picchiati e violentati, poi legati l’un l’altro col fil di ferro, poi il primo veniva spinto nella foiba, trascinandosi tutti gli altri. Tra le vittime ci furono anche 140 sardi, parte dei quali minatori del Sulcis, trasferiti da Carbonia ai pozzi in Istria, ma anche alcuni militari, soprattutto finanzieri e carabinieri, in servizio nel confine orientale.

Cagliari ha dedicato loro un parco, chiamato appunto, Parco “Martiri delle Foibe che si trova in via San Lucifero, dove è contenuta la lapide commemorativa.

Indirizzo
Via San Lucifero - Piazza Martiri delle Foibe
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Lapide Commemorativa della Congiura di Palabanda

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Nel 1812, la Sardegna venne colpita da un lungo periodo di siccità che distrusse i raccolti e provocò una grave carestia in coincidenza con un’epidemia di vaiolo; migliaia di persone morirono per la fame e per le malattie.
In quegli anni, Vittorio Emanuele I, residente in città col suo seguito, impose nuove tasse per fronteggiare le spese del forzato soggiorno della corte sabauda, gravando ulteriormente sul popolo sardo.

In questa situazione già tragica, con i signori che divennero sempre più ricchi grazie alla vendita dei prodotti accaparrati e i pubblici funzionari che usarono i loro poteri per arricchire i propri patrimoni, la rivolta attecchì immediatamente nel popolo disperato.
I congiurati si riunirono a Stampace, in un podere di proprietà dell’avvocato Salvatore Cadeddu, segretario dell’Università, situato nella località di Palabanda, nella zona in cui oggi sorge l’Orto Botanico. Erano presenti sia cittadini della media borghesia ma anche popolani e il loro intento era soltanto quello di cacciare i pubblici funzionari e i cortigiani che stavano portando la Sardegna alla catastrofe, non era una rivolta contro il sovrano e la monarchia.
L’insurrezione venne fissata per il 30 ottobre 1812 e prevedeva l’assalto alla caserma della real marina, per entrare in Castello occupando i luoghi più strategici, arrestare il comandante della città, Giacomo Pes di Villamarina, ed espellere i cortigiani e i funzionari pubblici proteggendo il re e la sua famiglia.

Ma la notizia giunse all’avvocato del fisco Raimondo Garau che informò il re ed il colonnello Villamarina, il quale dispose una intensa vigilanza. Il giorno stabilito per la rivolta, mentre numerose pattuglie di soldati controllavano la città, alcuni congiurati ed il panettiere Floris vennero inviati a chiamarne altri in attesa, ma si imbatterono in una pattuglia di piemontesi ed, impauriti, tornarono indietro avvisando i colleghi che in maggioranza rinunciarono all’impresa.
Intanto, i cospiratori nel quartiere Marina, non vedendo arrivare gli stampacini, dubbiosi e timorosi, mandarono Giovanni Putzolu con alcuni compagni per capire cosa stesse succedendo, ma incontrarono il colonnello Villamarina, sceso da Castello per vigilare di persona e Putzolu, preso dal panico, puntò una pistola contro il comandante ma i suoi amici stessi gli impedirono di sparare.
Putzolu e Sorgia vennero subito arrestati e, il 13 maggio 1813, dopo un rapido processo, impiccati. Cadeddu, Fanni, Zedda e Garau giudicati in contumacia, subirono la stessa condanna; a Floris e venne comminato l’ergastolo; Salvatore Cadeddu, catturato nell’iglesiente, venne impiccato il 2 settembre dello stesso anno.


Nella piazzetta centrale dell’Orto Botanico vi è un monumento in memoria dei congiurati di Palabanda in quanto liberatori della Sardegna e per essere stati puniti troppo severamente.

Indirizzo
Via Sant'Ignazio da Laconi - Orto Botanico (piazzetta centrale)
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Lapide Commemorativa della Congiura di Palabanda

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Via Sant'Ignazio da Laconi - Orto Botanico (piazzetta centrale)

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Agli inizi del ‘900 la malaria causava la morte di circa duemila persone all’anno in Sardegna. Tra il 1948 e il 1950 si svolse il “Sardinian Project”, la grande campagna contro le cause dell’endemica piaga della malaria condotta dall’ERLAAS (Ente regionale della lotta antianofelica) e finanziato tra gli altri dalla Fondazione Rockefeller (supervisione e direzione scientifica), dall’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration) e dall’ECA (Economic Cooperation Administration). Il progetto è stato realizzato in due fasi: nella prima l’obiettivo era distruggere le zanzare adulte; per questo, furono bonificate col DDT tutte le abitazioni, edifici pubblici, scuole, casolari e fienili, ponti, monumenti, nuraghi, domus de janas, pozzi minerari e cave, installazioni militari e grotte.

Nella seconda fase vennero impiegati migliaia di operai e tecnici nella ricerca delle larve della Anopheles Labranchiae, che, con aerei e squadre di disinfestatori a terra hanno irrorato corsi d’acqua e paludi e costruito canali di bonifica. L’esercito dell’ERLAAS era composto da 32 mila uomini, 200 automezzi e 4 aerei.                                                                                    

Presso l’Istituto Scolastico "Alberto Riva Villasanta”, in piazza Garibaldi, si trova a tutt’oggi il monumento in memoria dell’opera e del sacrificio di queste persone.

Indirizzo
Piazza Garibaldi c/o Ist. Scolastico "Alberto Riva Villasanta"
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Piazza Garibaldi c/o Ist. Scolastico "Alberto Riva Villasanta"

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