Giovedì 11 dicembre alle ore 18 presso il Temporary Storing dalla Fondazione Bartoli Felter verrà inaugurata la mostra "Ermanno Leinardi l'insospettabile complessità dello zero" a cura di Gianni Murtas.
Scrive il curatore: "Quando nel 1966, insieme a Tonino Casula, Ugo Ugo e Italo Utzeri, fonda il Gruppo Transazionale Leinardi sembra quello che ha trovato da subito la formula più equilibrata. Il riferimento geometrico-costruttivo gli permette una elaborazione di estrema sintesi che affonda in una tradizione consolidata, mentre la scelta del bianco e nero esalta la combinazione minimale di cerchi ed ellissi.
Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta Leinardi aveva provato diverse strade: una primissima esperienza figurativa, con scorci isolani ma soluzioni linguistiche molto francesi (Dufy, Matisse), e poi le inevitabili sperimentazioni astratto- informali, ancora con evidenti influssi d'oltralpe (Fautrier, Riopelle), quasi ad indicare una sorta di patria ideale che sarebbe rimasta anche dopo l'approdo all'astrazione concreta.
La collettiva al Portico di S. Antonio lo aveva messo in contatto col fronte innovatore dell'arte sarda ( Brundu, Dore, Pantoli, Ugo) ma aveva osservato a distanza l'esperienza dirompente del Gruppo di Iniziativa. L'evoluzione della sua ricerca verso forme di astrazione trova invece una collocazione più organica nelle esperienze dei transazionali. Il riferimento alla percettologia americana è in opposizione ai rigidi dettami della Ghestalt europea, tuttavia non impone parametri linguistici. Leinardi sceglie una geometrica minimale dove compare la 0 allungata che rimarrà il segno-sigla della sua intera produzione. Dei quattro è il meno interessato allo scontro ideologico con i ghestaltici, e dell'idea transazionale sembra convincerlo soprattutto la dimensione dialettica del processo costruttivo dell'immagine; così pur rinunciando agli accenti matissiani che avevano caratterizzato gli esordi la sua pittura sceglie una leggerezza segnica che sembra voler conservare un'armonia tra la dimensione emotiva e quella razionale. Il carattere si fa più evidente col trasferimento a Roma, quando Leinardi sposta ulteriormente le sue ricerche verso un concretismo dolce, che nel tempo recupera raffinatezze coloristiche e accenti lirici insospettabili. Di fatto le sequenze di 0 saranno il nucleo originario di tante composizioni pittoriche e di altrettante soluzioni grafiche che, solo in apparenza risolte su orizzonti concretisti, aprono via via a suggestioni sempre più stratificate. L'uso dell'acquarello segna forse il punto più alto della tensione naturalistica del colore, però anche in quel caso la dialettica artificio-natura gioca su sollecitazioni ambivalenti che il segno e la forma suggeriscono nel disporsi sulle superfici. E questo è il vero paradosso della pittura di Leinardi in apparenza così semplice e lineare ma in realtà così ricca di rimandi e di sfumature. L'aveva capito subito Emilio Villa, compagno degli anni romani, lo dice bene Giorgio De Marchis nella breve introduzione al catalogo dell'opera grafica edito da Ilisso, dove sottolinea la complessità delle parentele poetiche di Ermanno, capace di guardare contemporaneamente a Josef Albers e a Paul Klee senza privarsi di qualche rapida occhiata alle quadrettature narrative di Gastone Novelli."
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