Nel 1812, la Sardegna venne colpita da un lungo periodo di siccità che distrusse i raccolti e provocò una grave carestia in coincidenza con un’epidemia di vaiolo; migliaia di persone morirono per la fame e per le malattie.
In quegli anni, Vittorio Emanuele I, residente in città col suo seguito, impose nuove tasse per fronteggiare le spese del forzato soggiorno della corte sabauda, gravando ulteriormente sul popolo sardo.
In questa situazione già tragica, con i signori che divennero sempre più ricchi grazie alla vendita dei prodotti accaparrati e i pubblici funzionari che usarono i loro poteri per arricchire i propri patrimoni, la rivolta attecchì immediatamente nel popolo disperato.
I congiurati si riunirono a Stampace, in un podere di proprietà dell’avvocato Salvatore Cadeddu, segretario dell’Università, situato nella località di Palabanda, nella zona in cui oggi sorge l’Orto Botanico. Erano presenti sia cittadini della media borghesia ma anche popolani e il loro intento era soltanto quello di cacciare i pubblici funzionari e i cortigiani che stavano portando la Sardegna alla catastrofe, non era una rivolta contro il sovrano e la monarchia.
L’insurrezione venne fissata per il 30 ottobre 1812 e prevedeva l’assalto alla caserma della real marina, per entrare in Castello occupando i luoghi più strategici, arrestare il comandante della città, Giacomo Pes di Villamarina, ed espellere i cortigiani e i funzionari pubblici proteggendo il re e la sua famiglia.
Ma la notizia giunse all’avvocato del fisco Raimondo Garau che informò il re ed il colonnello Villamarina, il quale dispose una intensa vigilanza. Il giorno stabilito per la rivolta, mentre numerose pattuglie di soldati controllavano la città, alcuni congiurati ed il panettiere Floris vennero inviati a chiamarne altri in attesa, ma si imbatterono in una pattuglia di piemontesi ed, impauriti, tornarono indietro avvisando i colleghi che in maggioranza rinunciarono all’impresa.
Intanto, i cospiratori nel quartiere Marina, non vedendo arrivare gli stampacini, dubbiosi e timorosi, mandarono Giovanni Putzolu con alcuni compagni per capire cosa stesse succedendo, ma incontrarono il colonnello Villamarina, sceso da Castello per vigilare di persona e Putzolu, preso dal panico, puntò una pistola contro il comandante ma i suoi amici stessi gli impedirono di sparare.
Putzolu e Sorgia vennero subito arrestati e, il 13 maggio 1813, dopo un rapido processo, impiccati. Cadeddu, Fanni, Zedda e Garau giudicati in contumacia, subirono la stessa condanna; a Floris e venne comminato l’ergastolo; Salvatore Cadeddu, catturato nell’iglesiente, venne impiccato il 2 settembre dello stesso anno.
Nella piazzetta centrale dell’Orto Botanico vi è un monumento in memoria dei congiurati di Palabanda in quanto liberatori della Sardegna e per essere stati puniti troppo severamente.
Lapide Commemorativa della Congiura di Palabanda
Via Sant'Ignazio da Laconi - Orto Botanico (piazzetta centrale)
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