BAM Teatro propone BAM Teatro Discovery: una serie di appuntamenti per il mese di ottobre, novembre e dicembre che porteranno all'attenzione del pubblico nuove scritture e linguaggi della scena contemporanea.
Una pagina emblematica della storia del Novecento – sabato 26 e domenica 27 ottobre alle 21 – con “Confinati”, appunti per una messa in scena da “La Catena” di Emilio Lussu con drammaturgia di Nicola Fano (per gentile concessione di Giovanni Lussu) nell'interpretazione di Andrea Bosca (Nastro d'Argento per “Noi credevamo”), attore di cinema e teatro, già applaudito nell'Isola ne “La luna e i falò” di Cesare Pavese. «Il patriota e intellettuale sardo Emilio Lussu rifiutò sempre ogni compromesso con il neo insediato regime fascista. All’ennesima provocazione degli squadristi che tentarono di penetrare armati nella sua abitazione di Piazza Martiri a Cagliari, Lussu si difese, armi in pugno. Con la conseguenza che la magistratura fascista, invece di mettere sotto inchiesta gli aggressori - oltretutto di un parlamentare in carica - condannò l’aggredito al carcere e al confino a Lipari». Ne “La Catena” l'autore di “Marcia su Roma” e “Un anno sull'Altipiano” descrive l’arroganza brutale del regime e la debolezza intrinseca del composito fronte delle opposizioni: «la sua scrittura restituisce la cronaca del cammino storico e politico che attraverso le leggi speciali del 1926, portò il fascismo a rivelarsi come un regime totalitario, violento, persecutore e soprattutto intollerante di ogni dialettica democratica». Un racconto che offre interessanti spunti di riflessone sul passato ma anche sul presente, «come se un secolo e la grammatica del potere fossero passati invano».
Lo spettacolo sarà presentato a marzo 2025 a Parigi, nel cartellone dell’Istituto di Cultura.
Focus sul mondo degli adolescenti e sul tema dell’attesa – sabato 16 e domenica 17 novembre alle 21 – con “Me ne vado”, uno spettacolo scritto, diretto e interpretato da Anna Piscopo, protagonista sulla scena con Marial Bajma Riva (testo inedito-under 35, finalista del Premio InDivenire 2024 a Roma e vincitore della residenza internazionale HUMUS 2024 Artisti nei territori di Matera). La pièce racconta il disagio e le inquietudini di un'età di passaggio dall'infanzia all'età adulta, attraverso una vicenda inventata ma fin troppo verosimile, che rimanda alle pagine della cronaca: due adolescenti per vincere la noia compiono una strage all'interno del bar, teatro delle loro giornate nel tempo sospeso e nel vuoto delle loro esistenze senza futuro. “Me ne vado” – si legge nella presentazione – «è l’attesa di un'alluvione, più simbolica che realistica: metafora perfetta di una punizione divina o forse mezzo di salvezza. Ma il suo “non arrivare” sembra negare lo sviluppo di ogni senso possibile del racconto». La pièce di Anna Piscopo – una delle artiste più originali della nuova ribalta romana, affermata attrice di teatro e cinema – è incentrata sulle due protagoniste, «immobili nel pensiero e come proiettate ai confini della realtà», ciascuna con un proprio vissuto, che emerge a tratti, ma strettamente legate una all'altra. Finalmente arriva la resa dei conti la catastrofe attesa, senza possibilità di salvezza: “Me ne vado” è «una commedia nera, senza redenzione, sul mondo dei giovani a cui non sappiamo più insegnare a diventare adulti».
Un inedito e sorprendente (auto)ritratto al femminile – venerdì 29 e sabato 30 novembre alle 21 – con “Vita, morte e miracoli” di e con Beatrice Schiros, dal Progetto Biografie di BAM Teatro dove l'eclettica artista, diretta in teatro da registi come Marco Sciaccaluga e Massimo Navone e al cinema da Paolo Virzì, all'attivo un'intensa collaborazione con il Teatro dell'Archivolto, prima di approdare a Carrozzeria Orfeo, ma nota al grande pubblico per il ruolo di Cristina Meloni in Camera Café e per Margherita Lobascio in Fuoriclasse, ripercorre la propria storia, tra crisi professionali e dilemmi esistenziali. Attrice drammatica diplomata alla scuola del Teatro Nazionale di Genova, ma con un talento straordinario e a lungo nascosto per la comicità e la narrazione, che mescola l’irriverenza caustica alla Dorothy Parker con certa schiettezza emiliana, Beatrice Schiros – per dodici anni iconica interprete del collettivo Carrozzeria Orfeo – è conosciuta tra i suoi colleghi per «gli aneddoti divenuti bibbia nel teatro italiano e pian piano passati alla platea dei suoi sostenitori, anche grazie alla rete e più tardi alla televisione». Abilissima nella elaborazione di delusioni e insuccessi, porta in scena «una vita da inascoltata con l’ausilio dei suoi animali». Tra bevute riparatorie (ma non sue) e disastrose ricette di vita (anche queste non sue), in mezzo a formule di felicità e paradigmi di fallimenti, racconta la realtà della donna oggi. Sempre in bilico tra stand-up comedy e tragedia greca, in un originale one-woman-show nato per Discovery.
Viaggio nella storia del Novecento – giovedì 12 e venerdì 13 dicembre alle 21 – con “I Monologhi dell'Atomica” (Premio Le Maschere del Teatro 2023), uno spettacolo ideato, diretto e interpretato da Elena Arvigo, in scena con Monica Santoro, tratto da “Preghiera per Cernobyl” di Svetlana Aleksievich e “Racconti dell’atomica” di Kyoko Hayashi, per una riflessione su due tragedie contemporanee. Tra le più apprezzate attrici italiane, Elena Arvigo mette a confronto due episodi apparentemente antitetici, come un'azione bellica e un incidente in una centrale nucleare, entrambi frutto dell'arroganza umana e dall'illusione di poter dominare le forze della natura affidando la narrazione a figure femminili, testimoni e vittime di una catastrofe. La bomba sganciata su Nagasaki per costringere il Giappone alla resa, nel 1945 e il disastro di Cernobyl rappresentano «due capitoli ancora oscuri», due eventi che ancora interrogano le coscienze, evocati attraverso le parole di Ljudmila Ignatenko, moglie di un vigile del fuoco, nella “Preghiera per Cernobyl” di Svetlana Aleksievich (Premio Nobel per la letteratura 2015) e della scrittrice Kyoko Hayashi, una hibakusha, una dei sopravvissuti all'esplosione nucleare. “I Monologhi dell'Atomica” propone «una puntuale ricostruzione, non dei fatti ma dei sentimenti, per coltivare la necessità della memoria: il racconto si concentra sulla dimensione umana della tragedia, sui ricordi, i pensieri e le emozioni dei sopravvissuti, sulla storia individuale di chi quegli avvenimenti li ha vissuti sulla propria pelle».
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