Non esiste un luogo per l’esotico, si tratta di pura rappresentazione. Ma la sua vacuità può essere senz’altro uno spazio reale, un contenitore per collezionare un catalogo di danze svincolate da ogni verosimiglianza, evocazione di un ambiente che fa fede ad un unico principio selvaggio: la mescolanza, la prossimità, l’incomprensibile euforia di un mondo solo immaginato. Mentre gli etnologi finalmente si riconvertono ad esaminare l’ultima inossidabile tribù ancora in circolazione – quella turistica – e gli antropologi si danno alla macchia occupandosi di serie televisive, il pensiero selvaggio viene dimenticato dall’entertainment ma prolifera indisturbato nella foschia, senza proclami di riscatto ma proprio per questo assolutamente cruciale per il futuro dell’umanità. Futuro sonoro, acquatico, tropicale, a 40 gradi all’ombra, epidemico, balsamico, anatomico e umido.
La nuova produzione di mk è un caleidoscopio di danze ed immagini immerse in una sonorità ibrida, calda come una fornace; una produzione incessante di sistemi coreografici che sembrano rimandare ad un nuovo folklore, evocativo di un mondo a venire, in cui il disordine delle cose è la regola, e l’ambiente si fa torbido e pulsante, finalmente indisturbato nel suo desiderio di ‘rewilding’.
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